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giovedì 24 dicembre 2015

Natale e arte/3


Maternità

Giovanni Segantini, Villa Belgioso Bonaparte, Milano (1889)


Nella seconda metà del XIX secolo, il divario tra accademismo e avanguardia si fa più ampio. I celebri soggetti tradizionali vengono reinterpretati, e la ricerca formate sempre più rinnovata. Non più Natività ricche di fasti barocchi, scompaiono i panneggi delle vesti, gli angeli e le folle di magi e pastori. Gesù torna a nascere nella povertà di una stalla. Segantini, divisionista sensibile alle problematiche del proletariato, rilegge la Natività in chiave feriale, con rapide pennellate di malinconica solitudine, approfondendo il rapporto luce-spazio. La madre accudisce il piccolo, mentre il padre, assente, lavora nei campi o in fabbrica con orari disumani. All’opprimente austerità del luogo, a tanta miseria si contrappone la quiete della madre, intenta, nel suo silenzio ad accogliere con luminosa speranza la creatura nuova.


lunedì 21 dicembre 2015

Natale e arte/2


Adorazione dei pastori

Pieter Paul Rubens, Pinacoteca Civica, Fermo (1609)



I gesti e le espressioni dei personaggi ci guidano alla lettura di questa celebre Natività barocca. Al centro del dipinto, l’autore ha collocato lo sguardo della giovane nutrice verso il Bambino. E’ un invito per chi osserva a lasciarsi illuminare dalla Luce divina, tema ricorrente nelle Natività rinascimentali. Maria, con dolcezza materna, preoccupandosi di non svegliarlo, mostra ai pastori Gesù dormiente. La luce del Figlio illumina il volto della Madre e quello degli astanti. Sant’Anna con le mani alzate in preghiera è accanto a due pastori presi dallo stupore per un evento così straordinario. 

domenica 20 dicembre 2015

Natale e arte


Natività

Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova (1303-05)




“La Signora del mondo stava con gli occhi fissi per il grande affetto sopra il diletto figlio” da queste parole - tratte dallo scritto duecentesco Meditationes Vitae Jesu Christi - Giotto prende ispirazione per narrare la nascita del Salvatore in modo innovativo per l’epoca: non più lo sfondo mistico dorato, ma per la prima volta un paesaggio ben descritto. La nostra osservazione è guidata, attraverso una ideale circonferenza, dalla semplice capanna agli episodi di contorno.
 Le braccia protese della Madre sono pronte ad accogliere il Salvatore. Gesù è già avvolto in fasce incrociate e intrecciate, così si usava fasciare i defunti. La mangiatoia in cui sta per essere posto il Bambino, infatti, ha la forma squadrata come quella di un sepolcro, richiamo evidente alla gloriosa Resurrezione. Gesù Bambino e Maria si guardando profondamente. La sintesi dell’intero presepe pittorico è in questo intimo, silenzioso dialogo di sguardi.
 Il bue e l’asino adoranti precedono Giuseppe, assonnato. Giotto, poi, pone sul piano inferiore delle capre, buona parte di esse ignorano il Salvatore. Nel linguaggio iconografico, pecore e capre rappresentano l’umanità spesso indifferente, smarrita o distratta d’innanzi alla straordinarietà di Dio.
 Un angelo proteso verso la terra porta l’annuncio ai pastori. Così, il canto di lode non riempie più solo il cielo ma il suono delle loro zampogne, che si intravedono appena, allieta i primi respiri del Bambin Gesù. 

giovedì 17 dicembre 2015

Veni, sanctificàtor


da Ripariamo!
di P.Giuseppe M. Petazzi SJ
S. Lega eucaristica, Milano 1933

Veni, sanctificátor omnípotens ætérne Deus: et benedic hoc sacrifícium, tuo sancto nómini præparátum.
Vieni, Dio eterno, onnipotente, santificatore, e benedici questo sacrificio preparato nel tuo santo nome. 

 Perché il nostro sacrificio possa essere compiuto degnamente, come è necessaria, o Gesù, la benedizione del tuo Santo Spirito!
 Esso è Spirito di amore e perciò di santità, perché essa non consiste che nell’amore del Bene Supremo. Ora il sacrificio non può essere accetto se non è ispirato all’amore: et si tradidero corpus meum ita ut ardeam, charitatem autem non habuero, nihil sum (1Cor 13,3).

giovedì 10 dicembre 2015

In spiritu humilitatis...


da Ripariamo!
di P.Giuseppe M. Petazzi SJ
S. Lega eucaristica, Milano 1933

 In spíritu humilitátis et in ánimo contríto suscipiámur a te, Dómine: et sic fiat sacrifícium nostrum in conspéctu tuo hódie, ut pláceat tibi, Dómine Deus.
 Con spirito di umiltà e con animo contrito, possiamo noi, o Signore, esserti accetti e il nostro sacrificio si compia oggi alla tua presenza in modo da piacere a Te, o Signore Dio. 

 L’umiltà e la contrizione del cuore, ecco, o Signore, le condizioni necessarie perché possiamo essere accolti da Te come sacrificio gradito. Cor contritum et humiliatum Deus non despicies.  La nostra umiliazione e contrizione, per quanto grande, non potrà mai essere sufficiente a placare lo sdegno di Dio se non è congiunta alle umiliazioni e al dolore dell’Agnello santo che solo rende accetto ogni sacrificio. Se il re penitente poteva aprire il suo cuore alla speranza di veder accolte le sue lacrime, era perché preveniva con lo spirito profetico il sacrificio dell’Agnello che toglie il peccato del mondo. Oh dunque, guarda, o Signore Dio mio, guarda nel volto afflitto del tuo Cristo: respice in faciem Christi tui.
 Quanto sei umiliato, o Agnello divino, specialmente nel Getsemani, quando assumendo l’atteggiamento di Vittima, hai voluto vivere il terrore, lo smarrimento, la confusione dell’uomo peccatore! Allora i tuo occhi illibati e santi non osavano più sollevarsi al cielo; ti sei prostrato tremante per terra e hai bagnato il suolo con le lacrime e col Sangue.
 Ed in questo momento l’atteggiamento del tuo ministro inchinato, richiama appunto e fa rivivere la scena del Getsemani. Di nuovo ti prostri, ti annienti davanti all’infinita Maestà del Padre: nuovamente ti senti oppresso, schiacciato e spezzato dalla moltitudine dei miei peccati. Per essi domandi pietà e perdono.
 In questo istante vedo tutti i miei peccati, pensieri, parole, opere, omissioni: li vedo pesare sopra di Te, o Agnello Santo. Tanto mi ami che, se fosse possibile, ancora vorresti ripetere i tuoi spasimi, i gemiti, le agonie profonde del tuo Cuore per ottenermene perdono. Sarà possibile che dopo tale spettacolo di amore e di dolore, il mio cuore rimanga ancora insensibile e non si abbia da umiliare e spezzare con Te e per Te? Sarà possibile che mi abbia ad elevare in superbia, mentre Ti abbassi tanto e Ti annienti per me?
 Mio Gesù, da questo momento fino all’ultimo della mia vita, voglio assumere questo atteggiamento di umiliazione e di contrizione. Da oggi fino all'ultimo respiro, voglio essere un agnello, vittima con Te. Possa Tu, o Sacerdote divino, presentandomi al Padre, ripetere le parole del tuo Precursore: ecce agnus Dei! Sì, possa esserlo anch’io. Consacrarmi, o Gesù, con l'unzione del tuo Sangue; consacrarmi agnello e vittima con Te! Non permettere che mai abbia a scendere dall’altare del tuo Sacrificio, mai abbia a cessare di essere vittima con Te. Quale orrenda profanazione sarebbe mai questa, o mio Dio!
 Eppure quante volte mi sono così profanato, o Gesù! Quante volte avevo giurato di essere il tuo agnello, la tua vittima: quante volte ho ripetuto la mia protesta di umiliazione e di contrizione, ho ripetuto solennemente queste sante parole: in spiritu humilitatis et in animo contrito sucipiamur a Te, Domine, e poi lo spirito di superbia è penetrato ancora in questo cuore; ho osato, come il superbo Fariseo, levare la fronte, vantare quasi dei diritti sopra il mio Dio, disprezzare il povero pubblicano che in fondo al tempo non osava levare il suo sguardo all’altare e si percuoteva umilmente il petto dicendosi peccatore.

 O Agnello divino, perché hai Tu permesso che mi separassi da Te? Dal tuo atteggiamento di umiltà e di confusione? Deh, ascolta il mio gemito, che adesso mi sembra proprio partire dal fondo del mio cuore umiliato e contrito per tanta infedeltà: Ne permittas separari a Te! Non permettere che mai mi separi da Te umiliato, confuso, tremante davanti all’infinita Maestà di Dio offesa dai miei peccati. Non permettere che mai abbia a dimenticare che il mio atteggiamento non può essere altro se non quello della vittima umiliata e tremante. Solo così potrò riportare in me stesso i frutti stupendi delle tue umiliazioni, delle lacrime, delle tue agonie. Soltanto così il mio sacrificio potrà essere accetto al Signore, perché non sarà più mio, ma tuo, o Gesù: sic fiat sacrificium nostrum in cospectu tuo hodie, ut placeat tibi, Domine Deus!

lunedì 7 dicembre 2015

Salve Regina!

Bellini, Pietà, 1465-70

Dalla Prefazione di Triplice attentato al Re divino
del  Servo di Dio P. Matteo Crawley, SS.CC, 1922

 Salve Regina dei cuori dedico queste pagine scritte col sangue del mio povero cuore diritti del Re d'Amore, tuo Figlio.
 Salve Regina!... Tu, che nella notte del primo Natale, vegliasti tra le sofferenze, senza poter tro­vare né un tetto che ti ricoprisse, né una porta aper­ta che ti ricevesse.
Tu, la grande Riparatrice, aiu­tami a restaurare la sovranità di Gesù nelle famiglie e nella società, batti Tu stessa alle porte dei cuori e delle famiglie cristiane, chiedendo un trono di gloria per il Cristo Re!