Van Gogh, Notte stellata, 1889 - Museum of Modern Art, New York
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«[…] dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la
parola di vita» (Fil 2,15-16)
di Francesco Andrighetti
- L’uomo colmo di desiderio per
Cristo, Sole che sorge
«Infinito stellato, tu, la notte alla
mente / che ti sta ansiosa dici che sei il mistero; / il giorno effimero ti
nasconde allo sguardo, / il giorno che è nulla nell’immenso tuo, / il giorno
che è tutta la vita dell’uomo. / Infinito oscuro, stellato, / solo al tuo
silenzio comprende l’uomo / che tra un’eternità tu gli sarai / ancora un mistero,
/ sempre un mistero» (C. Pavese,
Le poesie, Einaudi, Torino 1998, 150). Solo l’uomo è
così: guarda il cielo e contempla il mistero, domanda della vita e di Dio.
Quale promessa ha in sé un cielo stellato? Sotto un cielo stellato l’uomo desidera
e si sente fatto per l’infinito. Questo è vero anche per chi, come Pavese –
autore di questa poesia–, non crede. Le stelle sono l’impronta di una presenza
che abita il cielo, dicono la verità di quello che siamo, e la tensione che noi
proviamo per esse sono come un residuo dell’umano desiderio di Dio che nessun
potere potrà mai cancellare. Tuttavia, il Mistero non ci ha abbandonati al
nostro destino e il cielo ha un volto definito: Cristo è il Sole che
domina il cielo permettendoci di venire al mondo, di vivere, di desiderare, di
gioire e di amare. In Cristo crocifisso e vincitore della morte il Mistero si è
rivelato come un Dio che ama, accompagna e sostiene la vita di tutti e
ciascuno. Il Dio trino, svelato in Cristo, è la verità di quel desiderio, di
quel bisogno di eternità, che abita in ciascuno anche nelle notti più buie
della nostra vita.
- Maria,
prima ed ultima stella nel disegno di salvezza
Da sempre, l’uomo è rimasto affascinato dalla
prima stella della sera, che è anche l’ultima del mattino. Splendente come nessuna
all’incalzare della notte, essa è per noi speranza e promessa del nuovo giorno:
è presenza splendente e rassicurante quando le tenebre sembrano prevalere sulla
luce. Al mattino, dopo aver accompagnato la notte, sembra annunciare e lasciar
spazio al Sole che dona nuovamente calore e vita. La tradizione cristiana ha
sin dai primi secoli attribuito questo ruolo di umile ancella e di fedele messaggera
a Maria, chiamandola Stella del mattino. Maria è la «Stella radiosa
del mattino» (Ap 22,16), perché annuncia il Sole. Maria, bellissima, brilla
il giorno dell’Annunciazione, quando tutto il creato attende il suo fiat
e l’accadere del Mistero nella storia; la cui certezza indica la fonte che
colma la tristezza delle nozze di Cana; la sua fede illumina la notte della
croce e riempie il vuoto del sabato santo; la sua preghiera colma di speranza
l’attesa dello Spirito nel Cenacolo. Maria è presente all’inizio e alla fine
delle notti e dei giorni che compongono la missione del Figlio e della Chiesa.
Anche oggi, essa brilla davanti al Popolo di Dio «quale segno di sicura
speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore»
(LG 68).
- Maria,
splendente della luce del Figlio
La prima e l’ultima stella del mattino,
in realtà, è un pianeta: Venere. I pianeti sono riconoscibili per la loro luce
ferma, stabile e particolarmente luminosa. Essi non brillano di nessuna luce
propria, ma tutta la luce che emanano è riflessa: la stella del mattino splende
della luce Sole. Maria è la stella più bella perché, essendo la più vicina al Figlio,
brilla tutta della Sua luce, del Sole che, grazie a questa stella, continua la
sua presenza anche quando non s’impone in tutto il suo splendore. Maria vive
della luce del Figlio di Dio che, per la nostra salvezza, ha portato nel
grembo, ha cresciuto con dolcezza materna e donato con libertà al mondo. Al Figlio
che tiene tra le braccia nella grotta a Betlemme come sotto la croce sul
Calvario, Maria sembra dire: «Figlio mio […] / […] nessuno scrutò fino in
fondo gli eventi incredibili che tutti ogni giorno sfioravano – […]/ Ma io
sapevo: la luce che si snoda in questi eventi / come fibra scintilla nascosta
sotto la scorza dei giorni /sei Tu. / Non io l’irradiavo – pure fosti più mio
in quel bagliore, in quel silenzio / che come frutto della mia carne e del mio
sangue» (K. Wotjła,
La madre, in Poesie, Newton, Roma 1994, 77).
È così che Giovanni Paolo II descrive la coscienza della Madonna: ella viveva di
questa presenza eccezionale che, con libertà obbediente perché amante, ha
deciso di accogliere, diventando la prima di una moltitudine di stelle chiamate
e destinate ad essere segno di speranza e di salvezza per il mondo, memoria di
Cristo nella vita dell’uomo.
- Chiamati
a «splendere come astri nel mondo» (Fil 2,15-16)
Quello che si dice di Maria si
deve/dovrebbe dire della Chiesa, è per questo che torna alla mente Paolo che ci
invita a «[…] splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di
vita» (Fil 2,15-16). La vita del discepolo «ha in ogni battito la
tremenda misura dell’eterno» (A. Negri,
Tempo, in Mia giovinezza, Bur, Milano 1995, 75),
perché Cristo è diventato il centro, il fattore totalizzante, il criterio
ultimo di ogni istante. Il “tremendo” è dovuto all’incapacità di comprendere e
corrispondere pienamente al compito affidatoci. L’incontro totalizzante con
Cristo è un rinascere dall’alto (Cfr. Gv 3,3), un dono della grazia, dello
Spirito, azione reale di Dio nella storia. Esso è come un piccolo seme pieno di
una promessa di cui ancora non si conosce lo sviluppo: un inizio che ci chiama
a una responsabilità, cioè a un rapporto, a una vita che non si concepisce più
da sola ma che brilla di un’Altro. Da questa responsabilità si genera una
personalità nuova, un volto nuovo, diverso, riconoscibile e protagonista della
storia. Il nostro volto, infatti, non prende forma per un titolo o un lavoro,
per il rapporto con una donna o perché siamo in seminario, ma per la
responsabilità davanti al nostro destino, cioè con l’incontro che abbiamo fatto
di Cristo: la sequela di Cristo genera un nuovo modo di mangiare, bere,
lavorare, parlare, dormire, studiare, amare, vivere e morire. Non c’è aspetto nel
quale il cristiano non sia chiamato ad essere testimone e a cambiare il mondo
secondo il suo destino, secondo un’umanità più vera, più bella, più carica di
attesa di Colui che deve venire. L’umanità del discepolo è l’umanità che Maria
in modo misterioso ha ricevuto e donato a suo Figlio, Gesù Cristo: questa
dovrebbe essere la nostra tensione ed è la nostra vocazione. Facile? No! È per
questo che la preghiamo in ginocchio. Quando cantiamo alla Madonna il titolo di
“Stella del Mattino”, chiediamole che avvenga anche per noi quell’incontro
totalizzante con il Suo Figlio capace di rinnovarci; chiediamole che la nostra
libertà sia tutta tesa ad accogliere quella grazia che ci fa testimoni del mattino
splendente della Pasqua di Cristo; chiediamole la fede, cioè la certezza di
questo mattino, cosicché il nostro cuore, tutto il nostro io, non rimanga in
silenzio davanti alla domanda che ogni uomo pone al suo fratello: «Sentinella,
quanto resta della notte?» (Is 21,12).