a cura di Claudio
(foto tratta dal sito www.maranatha.it)
Dopo la promulgazione della Costituzione Sacrosanctum
Concilium il 4 dicembre 1963, da parte del clero e del laicato non
sono mancati i tentativi - talvolta maldestri - di far partecipare al meglio il
Popolo di Dio alla celebrazione eucaristica. Più volte il Magistero ha
denunciato numerosi abusi. Tra le cause anche la mancata consapevolezza del
culto come actio Dei[1] nella grande
tradizione liturgica della Chiesa.
Questa serie di post non ha l’ambizione di esaurire l’argomento sulle
forme più adeguate della partecipazione attiva, ma di esplicitare brevemente
l’intervento recente del Magistero sul tema, esponendo una rapida panoramica
sulle indicazioni suggerite.
Definizione e storia del termine
Il termine tardo-latino partecipatio,
composto da sostantivo partem e dal verbo capere,
significa prendere parte, condividere una comune partecipazione ad una realtà.
Nel lessico liturgico è spesso sostituito con il sinonimo communicatio[2]. Viene utilizzato per indicare la massima
partecipazione ai Divini Misteri, il prendere parte al Corpo e al Sangue di
Cristo.
Lo si può individuare negli antichi Sacramentari e nelle orazioni postcommunio contenute
sia nel Messale post-Tridentino sia nell'attuale[3].
Nelle particolarità di ogni epoca storica, la Chiesa si è sempre
impegnata a trovare le modalità più adeguate per portare le generazioni alla
Liturgia.
Già dal XVIII secolo,
con il beato Innocenzo XI l’incremento della partecipazione alla Divina
Liturgia fu il criterio che giustificò riforme liturgiche.
L’espressione partecipazione attiva comparve per la
prima volta nel testo originale (in italiano) del Motu proprio Tra le
sollecitudini (22 novembre 1903) promulgato da San Pio X. Impegnato a
ribadire la disciplina per la musica liturgica, il Sommo Pontefice con tal atto
rimediava alla preoccupazione per il coinvolgimento spirituale dei fedeli all'azione liturgica, perchè spesso distratti da brani ispirati all'opera lirica e in lingua volgare.
Il Movimento liturgico, nato all'inizio del XX secolo, si pose come
obbiettivo principale la nuova comprensione e riscoperta della tradizione
liturgica e del tesoro spirituale della Chiesa per ridonare nuovo slancio alla
vita cristiana.[4]
Per ottenerlo, promuoveva l’incremento della formazione dei fedeli ai
sacri riti, affinché vi partecipassero coscientemente. Così si spiega il
dibattito interno sulla convenienza o meno di concedere maggior spazio nel culto alle lingue nazionali e sull'orientamento orante del celebrante.
E’ necessario chiarire, però, che la questione dell’inserimento della
lingua volgare nella celebrazione del Santo Sacrificio e in altri riti era
finalizzata solo a favorire la partecipazione e la pietà liturgica, lontana da
ogni tentativo di volgarizzare la celebrazione eucaristica. L’uso del latino
come lingua sacra, infatti, non era messo in discussione né dai più autorevoli
esponenti del Movimento liturgico né tanto meno dalla Sede Apostolica. Già da
tempo, nel rispetto dell’ autenticità liturgica, per alcuni passi della Sacra
Scrittura usati per istruire i fedeli, per ammonizioni o per certe parti di
riti richiedenti risposte e comprensione immediata di un singolo o di più
fedeli, era in uso la lingua nazionale[5].
Il desiderio di rendere la celebrazione eucaristica
maggiormente accessibile a tutti - nella comprensione della Parola di Dio e delle
orazioni - fu il motivo del fiorire in Europa, a metà del secolo scorso, di
numerosi messalini e fu il criterio ispiratore delle riforme operate dal
Venerabile Papa Pio XII[6].
A ragione, alcuni storici considerano la Costituzione conciliare
sulla Sacra Liturgia il punto di arrivo del primo Movimento liturgico. Pose
come condizione dell’incremento e della riforma la partecipazione piena,
consapevole e attiva alla celebrazione liturgica, che è richiesta dalla natura
stessa della Liturgia.[7] Nell'intera Sacrosanctum
concilium per diciotto volte si fa riferimento all’actuosa
partecipatio.
Dalla Mediator Dei alla Sacrosanctum Concilium
Come si può notare dalla sua struttura dialogica, la liturgia è da
sempre risposta del Popolo alla chiamata di Dio[8],
perché la «fede viene dall’ascolto» (Rm 10,17). Conseguentemente, come già
esplicitato, la partecipazione dei fedeli in pienezza alla celebrazione del
Mistero pasquale è parte integrante del culto cristiano e fu ribadito in due
atti del Magistero fondamentali nel cammino di rinnovamento liturgico.
Pio XII nel 1947 promulgò l’enciclica Mediator Dei per
controbattere alle imprudenze di certi liturgisti. Divisa in quattro parti,
partendo dall’origine e dal progresso della Liturgia, ribadiva la dottrina sul culto
eucaristico, la natura dell’Ufficio Divino e dell’anno liturgico e concludeva
con la promozione alle attività apostolato liturgico.
Il Pontefice dedicò ampio spazio del documento alla fidelium
partecipatio, auspicandosi che non si esaurisse in «un’assistenza passiva,
negligente e distratta»[9] alle celebrazioni ma che
si trattasse, invece, di un impegno e di un fervore tali da porre chi vi
partecipa in intimo contatto con il Sommo Sacerdote.
Già nel dopoguerra, il Papa d’innanzi al riemergere di posizioni
dottrinalmente errate, trovava necessario esplicitare ai Vescovi e ai pastori
d’anime: l’assemblea liturgica non rappresenta la persona di Cristo e non ha un
ruolo di mediatrice tra sé e Dio. Di conseguenza, non può avvalersi dei poteri
propri del sacerdozio ordinato[10]. Questa precisazione
(individuabile anche in documenti del Magistero successivi, a fronte di
numerosi abusi[11]) non sottrae nulla alla verità di
fede consistente nell’affermare l’azione del popolo cristiano che, riunito nel
Santo Sacrificio, lo offre per le mani del sacerdote. A quest’ultimo, infatti,
in diverse collette e orazioni della Santa Messa - si prendano d’esempio la
Preghiera Eucaristica I e III - i fedeli sono associati come offerenti. In tal
modo partecipano attivamente, fruttuosamente e convenientemente secondo il loro
stato, alla celebrazione liturgica.
La Mediator Dei viene ritenuta da molti la Magna
Charta che preparò la riforma generale desiderata nella Sacrosanctum
Concilium[12].
Il suo contributo “teorico” costituì un utile risorsa per il primo documento
del Concilio Ecumenico Vaticano II di ordinamento più pratico.
Possiamo, per brevità, individuare l’essenza di quest’ultimo. Il
cuore della Costituzione conciliare sulla Sacra Liturgia è l’invito forte ad
ogni generazione di cristiani a integrare l’actio liturgica con
l’offerta del culto spirituale, secondo l’esortazione dell’Apostolo «vi
esorto, dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi
come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rm 12,1). Il vivere in
pienezza il Sacrificio eucaristico è la partecipazione consapevole, attiva e
fruttuosa auspicata dalla riforma liturgica.
Il documento ritiene condizione fondamentale per attuarla
l’educazione del Popolo di Dio allo spirito della liturgia, affinchè «non
assistano come estranei e muti spettatori»[13] al
Mistero eucaristico e riconosce come necessità principale la formazione liturgica
dei candidati al sacerdozio. Rendere la vita dei Seminari, degli studentati e
delle case religiose «profondamente permeata di spirito liturgico»[14] è l’indicazione contenuta nel documento
conciliare. La Sacrosanctum Concilium poi, pone le condizioni
per garantire l’actuosa partecipatio anche attraverso l’arte
figurativa e la musica che devono essere sempre ispirate all’«infinita bellezza
divina»[15].
[1] giovanni paolo ii, Ecclesia de Eucharistia, 10, 52
[2] messale romano, preghiera eucaristica i (canone romano) «Ti supplichiamo, Dio
onnipotente… perché su tutti noi che partecipiamo di questo altare, comunicando al santo mistero del corpo e sangue del
tuo Figlio, scenda la pienezza di ogni grazia e benedizione del cielo»
[3] messale romano, orazione del corpus
domini «Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell’Eucarestia ci hai
lasciato il memoriale della tua Pasqua fa’ che partecipiamo con viva fede al
santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i
benefici della redenzione»
[4] a. reid, Lo sviluppo organico della liturgia, 140
[5] Cfr. ivi, 277-279
[6] Cfr. ivi, 87
[7] concilio vaticano ii, Sacrosanctum concilium, 14
[8] cfr. concilio vaticano ii, Sacrosanctum Concilium, 30
[9] pio xii, Mediator Dei, 68
[10] Ivi, 69
[11] congr. culto div.
e disc. dei sacram., Redemptionis sacramentum, 42
[12] Cfr. a. reid, Lo sviluppo organico
della liturgia, 136
[13] concilio vaticano
ii, Sacrosanctum concilium, 48
[14] concilio vaticano
ii, Sacrosanctum concilium, 14, 16-17
[15] Ivi, 122