Natività
Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova
(1303-05)
“La Signora del mondo stava con
gli occhi fissi per il grande affetto sopra il diletto figlio” da queste parole
- tratte dallo scritto duecentesco Meditationes
Vitae Jesu Christi - Giotto prende ispirazione per narrare la nascita del
Salvatore in modo innovativo per l’epoca: non più lo sfondo mistico dorato, ma
per la prima volta un paesaggio ben descritto. La nostra osservazione è
guidata, attraverso una ideale circonferenza, dalla semplice capanna agli
episodi di contorno.
Le braccia protese della Madre sono
pronte ad accogliere il Salvatore. Gesù è già avvolto in fasce incrociate e
intrecciate, così si usava fasciare i defunti. La mangiatoia in cui sta per
essere posto il Bambino, infatti, ha la forma squadrata come quella di un sepolcro,
richiamo evidente alla gloriosa Resurrezione. Gesù Bambino e Maria si guardando
profondamente. La sintesi dell’intero presepe pittorico è in questo intimo,
silenzioso dialogo di sguardi.
Il bue e l’asino adoranti
precedono Giuseppe, assonnato. Giotto, poi, pone sul piano inferiore delle
capre, buona parte di esse ignorano il Salvatore. Nel linguaggio iconografico,
pecore e capre rappresentano l’umanità spesso indifferente, smarrita o
distratta d’innanzi alla straordinarietà di Dio.
Un angelo proteso verso la
terra porta l’annuncio ai pastori. Così, il canto di lode non riempie più solo
il cielo ma il suono delle loro zampogne, che si intravedono appena, allieta i
primi respiri del Bambin Gesù.