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martedì 14 aprile 2015

actuosa partecipatio/1

a cura di Claudio

(foto tratta dal sito www.maranatha.it)

A cinquant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II, l’individuazione di corrette modalità per ottenere l’actuosa partecipatio dei fedeli al culto divino è ancora argomento di animate discussioni.
 Dopo la promulgazione della Costituzione Sacrosanctum Concilium il 4 dicembre 1963, da parte del clero e del laicato non sono mancati i tentativi - talvolta maldestri - di far partecipare al meglio il Popolo di Dio alla celebrazione eucaristica. Più volte il Magistero ha denunciato numerosi abusi. Tra le cause anche la mancata consapevolezza del culto come actio Dei[1] nella grande tradizione liturgica della Chiesa. 
 Questa serie di post non ha l’ambizione di esaurire l’argomento sulle forme più adeguate della partecipazione attiva, ma di esplicitare brevemente l’intervento recente del Magistero sul tema, esponendo una rapida panoramica sulle indicazioni suggerite.

Definizione e storia del termine
 Il termine tardo-latino partecipatio, composto da sostantivo partem e dal verbo capere, significa prendere parte, condividere una comune partecipazione ad una realtà.
 Nel lessico liturgico è spesso sostituito con il sinonimo communicatio[2]Viene utilizzato per indicare la massima partecipazione ai Divini Misteri, il prendere parte al Corpo e al Sangue di Cristo. 
 Lo si può individuare negli antichi Sacramentari e nelle orazioni postcommunio contenute sia nel Messale post-Tridentino sia nell'attuale[3].
 Nelle particolarità di ogni epoca storica, la Chiesa si è sempre impegnata a trovare le modalità più adeguate per portare le generazioni alla Liturgia.
 Già dal XVIII secolo, con il beato Innocenzo XI l’incremento della partecipazione alla Divina Liturgia fu il criterio che giustificò riforme liturgiche.
 L’espressione partecipazione attiva comparve per la prima volta nel testo originale (in italiano) del Motu proprio Tra le sollecitudini (22 novembre 1903) promulgato da San Pio X. Impegnato a ribadire la disciplina per la musica liturgica, il Sommo Pontefice con tal atto rimediava alla preoccupazione per il coinvolgimento spirituale dei fedeli all'azione liturgica, perchè spesso distratti da brani ispirati all'opera lirica e in lingua volgare.
 Il Movimento liturgico, nato all'inizio del XX secolo, si pose come obbiettivo principale la nuova comprensione e riscoperta della tradizione liturgica e del tesoro spirituale della Chiesa per ridonare nuovo slancio alla vita cristiana.[4]
 Per ottenerlo, promuoveva l’incremento della formazione dei fedeli ai sacri riti, affinché vi partecipassero coscientemente. Così si spiega il dibattito interno sulla convenienza o meno di concedere maggior spazio nel culto alle lingue nazionali e sull'orientamento orante del celebrante.
 E’ necessario chiarire, però, che la questione dell’inserimento della lingua volgare nella celebrazione del Santo Sacrificio e in altri riti era finalizzata solo a favorire la partecipazione e la pietà liturgica, lontana da ogni tentativo di volgarizzare la celebrazione eucaristica. L’uso del latino come lingua sacra, infatti, non era messo in discussione né dai più autorevoli esponenti del Movimento liturgico né tanto meno dalla Sede Apostolica. Già da tempo, nel rispetto dell’ autenticità liturgica, per alcuni passi della Sacra Scrittura usati per istruire i fedeli, per ammonizioni o per certe parti di riti richiedenti risposte e comprensione immediata di un singolo o di più fedeli, era in uso la lingua nazionale[5].
  Il desiderio di rendere la celebrazione eucaristica maggiormente accessibile a tutti - nella comprensione della Parola di Dio e delle orazioni - fu il motivo del fiorire in Europa, a metà del secolo scorso, di numerosi messalini e fu il criterio ispiratore delle riforme operate dal Venerabile Papa Pio XII[6].
 A ragione, alcuni storici considerano la Costituzione conciliare sulla Sacra Liturgia il punto di arrivo del primo Movimento liturgico. Pose come condizione dell’incremento e della riforma la partecipazione piena, consapevole e attiva alla celebrazione liturgica, che è richiesta dalla natura stessa della Liturgia.[7] Nell'intera Sacrosanctum concilium per diciotto volte si fa riferimento all’actuosa partecipatio.

Dalla Mediator Dei alla Sacrosanctum Concilium
 Come si può notare dalla sua struttura dialogica, la liturgia è da sempre risposta del Popolo alla chiamata di Dio[8], perché la «fede viene dall’ascolto» (Rm 10,17). Conseguentemente, come già esplicitato, la partecipazione dei fedeli in pienezza alla celebrazione del Mistero pasquale è parte integrante del culto cristiano e fu ribadito in due atti del Magistero fondamentali nel cammino di rinnovamento liturgico.
 Pio XII nel 1947 promulgò l’enciclica Mediator Dei per controbattere alle imprudenze di certi liturgisti. Divisa in quattro parti, partendo dall’origine e dal progresso della Liturgia, ribadiva la dottrina sul culto eucaristico, la natura dell’Ufficio Divino e dell’anno liturgico e concludeva con la promozione alle attività apostolato liturgico.
 Il Pontefice dedicò ampio spazio del documento alla fidelium partecipatio, auspicandosi che non si esaurisse in «un’assistenza passiva, negligente e distratta»[9] alle celebrazioni ma che si trattasse, invece, di un impegno e di un fervore tali da porre chi vi partecipa in intimo contatto con il Sommo Sacerdote.
 Già nel dopoguerra, il Papa d’innanzi al riemergere di posizioni dottrinalmente errate, trovava necessario esplicitare ai Vescovi e ai pastori d’anime: l’assemblea liturgica non rappresenta la persona di Cristo e non ha un ruolo di mediatrice tra sé e Dio. Di conseguenza, non può avvalersi dei poteri propri del sacerdozio ordinato[10]. Questa precisazione (individuabile anche in documenti del Magistero successivi, a fronte di numerosi abusi[11]) non sottrae nulla alla verità di fede consistente nell’affermare l’azione del popolo cristiano che, riunito nel Santo Sacrificio, lo offre per le mani del sacerdote. A quest’ultimo, infatti, in diverse collette e orazioni della Santa Messa - si prendano d’esempio la Preghiera Eucaristica I e III - i fedeli sono associati come offerenti. In tal modo partecipano attivamente, fruttuosamente e convenientemente secondo il loro stato, alla celebrazione liturgica.
 La Mediator Dei viene ritenuta da molti la Magna Charta che preparò la riforma generale desiderata nella Sacrosanctum Concilium[12]. Il suo contributo “teorico” costituì un utile risorsa per il primo documento del Concilio Ecumenico Vaticano II di ordinamento più pratico.
 Possiamo, per brevità, individuare l’essenza di quest’ultimo. Il cuore della Costituzione conciliare sulla Sacra Liturgia è l’invito forte ad ogni generazione di cristiani a integrare l’actio liturgica con l’offerta del culto spirituale, secondo l’esortazione dell’Apostolo «vi esorto, dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rm 12,1). Il vivere in pienezza il Sacrificio eucaristico è la partecipazione consapevole, attiva e fruttuosa auspicata dalla riforma liturgica.
 Il documento ritiene condizione fondamentale per attuarla l’educazione del Popolo di Dio allo spirito della liturgia, affinchè «non assistano come estranei e muti spettatori»[13] al Mistero eucaristico e riconosce come necessità principale la formazione liturgica dei candidati al sacerdozio. Rendere la vita dei Seminari, degli studentati e delle case religiose «profondamente permeata di spirito liturgico»[14] è l’indicazione contenuta nel documento conciliare. La Sacrosanctum Concilium poi, pone le condizioni per garantire l’actuosa partecipatio anche attraverso l’arte figurativa e la musica che devono essere sempre ispirate all’«infinita bellezza divina»[15].




[1] giovanni paolo ii, Ecclesia de Eucharistia, 10, 52
[2] messale romano, preghiera eucaristica i (canone romano) «Ti supplichiamo, Dio onnipotente…  perché su tutti noi che partecipiamo di questo altare, comunicando al santo mistero del corpo e sangue del tuo Figlio, scenda la pienezza di ogni grazia e benedizione del cielo»
[3] messale romano, orazione del corpus domini «Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell’Eucarestia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua fa’ che partecipiamo con viva fede al santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione»
[4] a. reid, Lo sviluppo organico della liturgia, 140
[5] Cfr. ivi, 277-279
[6] Cfr. ivi, 87
[7] concilio vaticano ii, Sacrosanctum concilium, 14
[8] cfr. concilio vaticano ii, Sacrosanctum Concilium, 30
[9] pio xii, Mediator Dei, 68
[10] Ivi, 69
[11] congr. culto div. e disc. dei sacram., Redemptionis sacramentum, 42
[12] Cfr. a. reid, Lo sviluppo organico della liturgia, 136
[13] concilio vaticano ii, Sacrosanctum concilium, 48
[14] concilio vaticano ii, Sacrosanctum concilium, 14, 16-17
[15] Ivi, 122