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giovedì 10 dicembre 2015

In spiritu humilitatis...


da Ripariamo!
di P.Giuseppe M. Petazzi SJ
S. Lega eucaristica, Milano 1933

 In spíritu humilitátis et in ánimo contríto suscipiámur a te, Dómine: et sic fiat sacrifícium nostrum in conspéctu tuo hódie, ut pláceat tibi, Dómine Deus.
 Con spirito di umiltà e con animo contrito, possiamo noi, o Signore, esserti accetti e il nostro sacrificio si compia oggi alla tua presenza in modo da piacere a Te, o Signore Dio. 

 L’umiltà e la contrizione del cuore, ecco, o Signore, le condizioni necessarie perché possiamo essere accolti da Te come sacrificio gradito. Cor contritum et humiliatum Deus non despicies.  La nostra umiliazione e contrizione, per quanto grande, non potrà mai essere sufficiente a placare lo sdegno di Dio se non è congiunta alle umiliazioni e al dolore dell’Agnello santo che solo rende accetto ogni sacrificio. Se il re penitente poteva aprire il suo cuore alla speranza di veder accolte le sue lacrime, era perché preveniva con lo spirito profetico il sacrificio dell’Agnello che toglie il peccato del mondo. Oh dunque, guarda, o Signore Dio mio, guarda nel volto afflitto del tuo Cristo: respice in faciem Christi tui.
 Quanto sei umiliato, o Agnello divino, specialmente nel Getsemani, quando assumendo l’atteggiamento di Vittima, hai voluto vivere il terrore, lo smarrimento, la confusione dell’uomo peccatore! Allora i tuo occhi illibati e santi non osavano più sollevarsi al cielo; ti sei prostrato tremante per terra e hai bagnato il suolo con le lacrime e col Sangue.
 Ed in questo momento l’atteggiamento del tuo ministro inchinato, richiama appunto e fa rivivere la scena del Getsemani. Di nuovo ti prostri, ti annienti davanti all’infinita Maestà del Padre: nuovamente ti senti oppresso, schiacciato e spezzato dalla moltitudine dei miei peccati. Per essi domandi pietà e perdono.
 In questo istante vedo tutti i miei peccati, pensieri, parole, opere, omissioni: li vedo pesare sopra di Te, o Agnello Santo. Tanto mi ami che, se fosse possibile, ancora vorresti ripetere i tuoi spasimi, i gemiti, le agonie profonde del tuo Cuore per ottenermene perdono. Sarà possibile che dopo tale spettacolo di amore e di dolore, il mio cuore rimanga ancora insensibile e non si abbia da umiliare e spezzare con Te e per Te? Sarà possibile che mi abbia ad elevare in superbia, mentre Ti abbassi tanto e Ti annienti per me?
 Mio Gesù, da questo momento fino all’ultimo della mia vita, voglio assumere questo atteggiamento di umiliazione e di contrizione. Da oggi fino all'ultimo respiro, voglio essere un agnello, vittima con Te. Possa Tu, o Sacerdote divino, presentandomi al Padre, ripetere le parole del tuo Precursore: ecce agnus Dei! Sì, possa esserlo anch’io. Consacrarmi, o Gesù, con l'unzione del tuo Sangue; consacrarmi agnello e vittima con Te! Non permettere che mai abbia a scendere dall’altare del tuo Sacrificio, mai abbia a cessare di essere vittima con Te. Quale orrenda profanazione sarebbe mai questa, o mio Dio!
 Eppure quante volte mi sono così profanato, o Gesù! Quante volte avevo giurato di essere il tuo agnello, la tua vittima: quante volte ho ripetuto la mia protesta di umiliazione e di contrizione, ho ripetuto solennemente queste sante parole: in spiritu humilitatis et in animo contrito sucipiamur a Te, Domine, e poi lo spirito di superbia è penetrato ancora in questo cuore; ho osato, come il superbo Fariseo, levare la fronte, vantare quasi dei diritti sopra il mio Dio, disprezzare il povero pubblicano che in fondo al tempo non osava levare il suo sguardo all’altare e si percuoteva umilmente il petto dicendosi peccatore.

 O Agnello divino, perché hai Tu permesso che mi separassi da Te? Dal tuo atteggiamento di umiltà e di confusione? Deh, ascolta il mio gemito, che adesso mi sembra proprio partire dal fondo del mio cuore umiliato e contrito per tanta infedeltà: Ne permittas separari a Te! Non permettere che mai mi separi da Te umiliato, confuso, tremante davanti all’infinita Maestà di Dio offesa dai miei peccati. Non permettere che mai abbia a dimenticare che il mio atteggiamento non può essere altro se non quello della vittima umiliata e tremante. Solo così potrò riportare in me stesso i frutti stupendi delle tue umiliazioni, delle lacrime, delle tue agonie. Soltanto così il mio sacrificio potrà essere accetto al Signore, perché non sarà più mio, ma tuo, o Gesù: sic fiat sacrificium nostrum in cospectu tuo hodie, ut placeat tibi, Domine Deus!