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domenica 20 dicembre 2015

Natale e arte


Natività

Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova (1303-05)




“La Signora del mondo stava con gli occhi fissi per il grande affetto sopra il diletto figlio” da queste parole - tratte dallo scritto duecentesco Meditationes Vitae Jesu Christi - Giotto prende ispirazione per narrare la nascita del Salvatore in modo innovativo per l’epoca: non più lo sfondo mistico dorato, ma per la prima volta un paesaggio ben descritto. La nostra osservazione è guidata, attraverso una ideale circonferenza, dalla semplice capanna agli episodi di contorno.
 Le braccia protese della Madre sono pronte ad accogliere il Salvatore. Gesù è già avvolto in fasce incrociate e intrecciate, così si usava fasciare i defunti. La mangiatoia in cui sta per essere posto il Bambino, infatti, ha la forma squadrata come quella di un sepolcro, richiamo evidente alla gloriosa Resurrezione. Gesù Bambino e Maria si guardando profondamente. La sintesi dell’intero presepe pittorico è in questo intimo, silenzioso dialogo di sguardi.
 Il bue e l’asino adoranti precedono Giuseppe, assonnato. Giotto, poi, pone sul piano inferiore delle capre, buona parte di esse ignorano il Salvatore. Nel linguaggio iconografico, pecore e capre rappresentano l’umanità spesso indifferente, smarrita o distratta d’innanzi alla straordinarietà di Dio.
 Un angelo proteso verso la terra porta l’annuncio ai pastori. Così, il canto di lode non riempie più solo il cielo ma il suono delle loro zampogne, che si intravedono appena, allieta i primi respiri del Bambin Gesù.