Post più letti

giovedì 29 ottobre 2015

L'amicizia nell'identità sacerdotale - seconda parte


a cura di Marcus

La virtù dell’amicizia nel sacerdote


 Il sacerdote è uomo che vive nel mondo ma il suo essere non è orientato ad esso, secondo le parole di Cristo, «non siete del mondo, ma vi ho scelti dal mondo» (Gv 15,19). Deve sempre tendere a rendere le relazioni rifrazione della vita trinitaria. Similmente alle relazioni d’amore sussistenti fra le persone divine, così devono formarsi i rapporti con i suoi prossimi.
 Si possono individuare molteplici dimensioni d’amore: l’amore sponsale, quello filiale, le salde relazioni d’amicizia e l’amore per e di Dio. L’amore per Dio e per il prossimo si completano a vicenda. Il primo include e avvalora il secondo.
 La tensione verso un amore trascendente non deve far trascurare l’esistenza dell’amore umano, la cui finitezza costituisce un limite nel quale ciascuno deve sottostare (si pensi, semplicemente, alla dimensione spaziale e temporale).
 Il numero finito delle persone che possiamo conoscere e amare veramente ci rammenta tale limite. Allo stesso tempo aumenta il desiderio per Dio, il cui amore eterno supera ogni ostacolo storico. Per l’uomo, l’amore per l’altro è un bisogno. Affermare la sufficienza dell’amore divino, negando la necessità dell’affetto tra gli uomini, significa dimenticare che questa seconda faccia del comandamento della carità non può essere concepita separatamente dalla prima. Nelle relazioni quotidiane di affetto si impara a tessere il rapporto con l’Amore.

mercoledì 28 ottobre 2015

Suscipe, Sancte Pater...



da Ripariamo!
di P.Giuseppe M. Petazzi SJ
S. Lega eucaristica, Milano 1933

Súscipe, sancte Pater, omnípotens ætérne Deus, hanc immaculátam hóstiam, quam ego indígnus fámulus tuus óffero tibi, Deo meo vivo et vero, pro innumerabílibus peccátis, et offensiónibus, et neglegéntiis meis, et pro ómnibus circumstántibus, sed et pro ómnibus fidélibus christiánis vivis atque defúnctis: ut mihi et illis profíciat ad salútem in vitam ætérnam. Amen

Accetta, Padre santo, onnipotente eterno Dio, questa ostia immacolata, che io, indegno servo tuo, offro a Te Dio mio vivo e vero, per gli innumerevoli peccati, offese e negligenze mie, e per tutti i circostanti, come pure per tutti i fedeli cristiani vivi e defunti, affinché a me ed a loro torni di salvezza per la vita eterna. Amen.

Come mai, o mio Dio, il Sacerdote in questo momento chiama Ostia immacolata quel po’ di pane che si trova ora sulla patena, e per tale offerta ti chiede grazie di salvezza eterna per se stesso e per tutti i fedeli vivi e defunti?
 Oh, mio Gesù, con questa santa preghiera Tu mi riveli una grande consolante verità. Sì, nella patena nel dell’Offertorio non si vede realmente che poco pane destinato a tramutarsi nel tuo Corpo adorabile. In virtù di tal destinazione può giù considerarsi come un’Ostia immacolata, capace di ottenere ogni più grande grazia.
 Così dunque io stesso e tutte le mie piccole cose potranno costituire un’ostia immacolata, se fin dal principio di questo giorno mi metterò con Te, o Signore, sull’Altare del Sacrificio. Oh potere meraviglioso della Santa Messa! Oh ineffabile amore e condiscendenza del mio Signore! Tutto con Te e per Te diventa immacolato, prezioso, accettabile all’infinita Maestà di Dio.

martedì 27 ottobre 2015

L'amicizia nell'identità sacerdotale - prima parte

a cura di Marcus   

Celebre foto di Mario Giacomelli


 Pavel Florenskij scrive: «La potenza e la difficoltà dell’amicizia non si esprimono in un pirotecnico atto di eroismo, ma nella placida fiammella della pazienza di tutta una vita»[1]. L’esperienza dell’amicizia è parte integrante della vita dell’uomo e fin dall’antichità ha trovato spazio nei vari ambiti del sapere. La si ricerca perché si persegue la felicità. Oggi giorno gli uomini sono sempre meno disposti a dedicare spazio e tempo a tessere questa importante relazione.


La virtù dell’amicizia nell’uomo

 La persona umana è un essere in relazione. Per realizzarsi deve necessariamente rapportarsi agli altri. L’uomo è una creatura, non è in grado di bastare a se stessa, per esprimersi ha bisogno della relazione con l’altro.
 Il Prof. Antonio Malo, ordinario di Antropologia filosofica e Psicologia, alla Pontificia Università della Santa Croce, sostiene che nella società odierna si riscontra una sfiducia generale non tanto nell’amicizia in sé, ma nella capacità del soggetto di poterla realizzare. Lo stesso aggiunge, ancora, che ciò è la conseguenza della svalutazione della persona in quanto tale.
 Per poter parlare dell’amicizia come di un elemento necessario all’esistenza dell’uomo, occorre anzitutto esplicitare cosa si intende con il termine necessario. Certamente, l’elemento della necessità, in questo caso non va inteso come un bisogno fisiologico; se l’urgenza di tali bisogni si esaurisce una volta che vengono soddisfatti, per quanto riguarda l’amicizia, invece, avviene il contrario. Fra due persone, una volta divenute amiche, il bisogno reciproco diventa - l’uno per l’altro - elemento sempre più imprescindibile.
 Quindi, l’amicizia fa parte della dimensione essenziale dell’uomo, in quanto la persona ha bisogno di relazioni autentiche per esprimersi. Rapporti positivi, costruttivi e davvero amicali.
 L’origine dell’amicizia non deriva dalla corporeità, come avviene nei legami che intercorrono fra gli sposi o fra i genitori e i figli, dov’è fondamentale la dimensione della sessualità e della consanguineità. Fa riferimento, invece, alla partecipazione della stessa natura dell’uomo.

sabato 10 ottobre 2015

La crisi post-moderna/2

"L'umanesimo disumano”

di Christophorus

G.B. Piranesi, Invenzioni di carceri, 1745-50


Riprendiamo le nostre considerazioni su "La crisi post-moderna". Se nel primo step, dalla situazione odierna, abbiamo proposto alcune osservazioni "metodologiche" e gnoseologiche, ora vogliamo addentrarci maggiormente sulle conseguenza antropologiche di un certo modo di affrontare la realtà e la ricerca del vero.

***


b) “L’umanesimo disumano”

Uno sguardo leale al nostro presente, l’epoca post-moderna, ci autorizza ad affermare che il processo di antropomorfizzazione, già annunciato da Nietzsche, si sta rivelando come anche Heidegger aveva già denunciato, riferendosi al dominio della tecnica – un’operazione in ultima analisi contraria alla verità dell’umano. A sua volta, questo processo pare determinato – sempre in accordo con la lettura heideggeriana – dal discorso onto-teo-logico, che dice l’essere oggettivandolo e concettualizzandolo, riducendolo ad ente. Tale denuncia, però, non sembra restituire ancora la totalità del problema. Per questo motivo, riferendoci al processo nichilistico di riduzione antropomorfica e soggettivistica, preferiamo parlare di umanesimo disumano. Con questa espressione, il teologo Henri De Lubac, in Il dramma dell’umanesimo ateo, affermò che: «L'umanesimo esclusivo è un umanesimo disumano»[1].

venerdì 9 ottobre 2015

Credo in unum Deum


da Ripariamo!
di P.Giuseppe M. Petazzi SJ
S. Lega eucaristica, Milano 1933

 Stupendo è questo grido che da una parte all’altra della terra, in tutte le ore del giorno e della notte, su tutti gli altari del mondo, si eleva a Te, o mio Dio, dalla Santa Chiesa Cattolica. Con questo grido io mi metto in comunione con tutti i Santi che mi hanno preceduto su questa terra ed ora godono la svelata visione di quello stesso che come me un giorno hanno creduto. Mi metto in comunione coi primi Apostoli: che gioia! La mia fede è la loro: attraverso il mutarsi di tutte le cose umane, questa sola è rimasta immutabile: prova stupenda della verità divina: Veritas Domini manet in aeternum.
 Credo, mio Dio, tutto ciò che Tu hai detto, e la tua Chiesa mi insegna: lo credo con certezza incomparabilmente maggiore che se lo vedessi coi miei stessi occhi: anzi per spiegare la mia fede fino alla massima intensità, io mi ripeterò ciò che sul letto di morte, davanti al tuo adorabile Sacramento, disse l’Angelico Dottore San Tommaso: «Se quaggiù ci fosse una certezza maggiore di quella della fede, con tale certezza io vorrei affermare la verità della tua presenza nel Sacramento» ed in generale ogni altra verità che forma l’oggetto della mia fede.

lunedì 5 ottobre 2015

La crisi post-moderna/1

Verum et Bonum

di Christophorus

Magritte - Decalcomania, 1966

Vogliamo proporre qualche considerazione filosofica e teologica in merito alla situazione culturale e antropologica nella quale ci troviamo a vivere. Tali considerazioni, sebbene abbiano una loro unità, verranno proposte in più fasi e porteranno il titolo di "La crisi post-moderna". 
***

Guardando al momento contemporaneo, il processo di antropomorfizzazione, di cui lo stesso Nietzsche è artefice, a occhi leali, si rivela comunque irrisolto anche dopo la denuncia heideggeriana. Tale considerazione ci permette di fare due osservazioni, una a livello generale e metodologico (a), l’altra a livello più specificamente contenutistico (b), cioè riferita al tema poprio dell’antropomorfizzazione. 

a) Verum et Bonum 

Metodologicamente, il riconoscimento di questo stato di cose ci è obbligato per una lealtà nei confronti di ciò che l’esperienza rivela. Il nostro intelletto, per conoscere qualcosa, è costretto a passare attraverso il dato esperienziale e sensibile: è esperienza comune che la mancanza, oppure l’uso monco o errato dei sensi comprometta la conoscenza[1]. Davanti ai dati derivati dall’esperienza siamo chiamati a un atteggiamento di lealtà, affinché si possa raggiungere una conoscenza vera e razionale. Tale comportamento è una responsabilità, nel senso di un utilizzo della libertà che sceglie di arrendersi alla notizia che l’essere offre di sé nell’esperienza.

sabato 3 ottobre 2015

Dominus vobiscum


da Ripariamo!
di P.Giuseppe M. Petazzi SJ
S. Lega eucaristica, Milano 1933

 Prima di rivolgere questo divino saluto, di fare al popolo questo santo augurio, il tuo sacerdote, o Gesù, bacia l’altare. Quest’ultimo rappresenta Te stesso. Dunque il Sacerdote ti bacia, per comunicare alle anime il tuo bacio e con esso il tuo Spirito. Di fatto lo Spirito Santo è detto il bacio divino: è il bacio d’amore nel seno stesso della Divinità: bacio del Padre al Verbo e del Verbo al Padre.

venerdì 2 ottobre 2015

Ponte gettato sui laghi sereni, per chi dunque sei fatto e dove meni?

Bridge Nature Infared Awesome Wallpaper Wallpaper

di Francesco Andrighetti

Davanti alla realtà, questa domanda di Pascoli accompagna l’esistenza di ciascun uomo e di ciascuna donna sin dai primissimi anni di vita. E’ come una costante che sostiene i momenti più belli come quelli più duri. È quella domanda di senso che sostiene il camminare, il cercare, il vivere di tutti e di ciascuno. È quella domanda di Dio davanti al mistero che ogni vita è. Nulla, anche se talvolta non appare con evidenza, preme più di questa domanda. Il prete, nei confronti del suo fratello uomo, ha una duplice responsabilità educativa: far emergere prepotentemente questa domanda di senso e aiutare nel corso della ricerca. Il prete che in modo misterioso sta dentro ma anche davanti alla comunità, è mosso da un’urgenza educativa. Egli, come ogni altro educatore, è chiamato ad aiutare i più piccoli, i più giovani ad ascoltare il cuore e a seguire questa domanda di senso.